WhatsApp Business e le risposte rapide tramite testi ricorrenti

Continuiamo a parlare di WhatsApp Business e di come rendere più veloce e pratico chat-tare con i nostri nuovi clienti.

Se non l’hai ancora fatto, ti consiglio di attivare l’app con il numero fisso dell’agenzia:

Cominciamo col dire che anche con WhatsApp, come con qualsiasi altra app di chat, dobbiamo adattare la nostra comunicazione agli usi e consumi degli utilizzatori.

Così saranno da evitare testi troppo lunghi, mentre cercheremo di inviare messaggi brevi (anche più di uno) e con qualche emoticon.

Se utilizziamo l’interfaccia web (obbligatorio!) possiamo scriverci tutti i testi ricorrenti su un qualsiasi software di word-processor ed effettuare un banale copia/incolla all’interno della chat del cliente.

E’ un metodo molto semplice ma che presenta almeno 2 problemi:

  • Non è utilizzabile se rispondiamo dal cellulare
  • Non possiamo inserire le emoticon

Esiste un modo più efficiente per inserire dei testi ricorrenti e richiamarli all’occorrenza, eccolo:

Inserimento testi ricorrenti

Aprire l’app dal cellulare (non funziona sul web) e touch-ciare i 3 puntini verticali presenti in alto a destra.

Scegliere quindi Impostazioni > Impostazioni attività > Risposte rapide.

A questo punto, tramite il tasto + è possibile aggiungere la nostra frase ricorrente.

In Messaggio andrà inserita la nostra frase tenendo presente anche queste indicazioni:

  • E’ possibile anche andare a capo e inserire una riga vuota tra un paragrafo e l’altro per rendendo il testo più leggibile.
  • E’ possibile inserire emoticon (touch-ciare il simbolo faccina)
  • E’ possibile rendere il testo in grossetto mettendo un asterisco all’inizio e alla fine della parola/frase (esempio: *Questo è un titolo*).

Mentre in Collegamento rapido andrà inserita la parola che ci servirà per richiamare la frase (per esempio venditore, documenti, orari, ecc.)

Richiamare i testi ricorrenti

All’interno della chat del cliente, anche attraverso l’interfaccia web, è sufficiente digitare la parola inserita in Collegamento rapido, preceduta dal simbolo / (per esempio: /venditore).

Apparirà il testo che avevamo inserito e sarà anche possibile modificarlo per adattarlo al singolo cliente.

In questo modo, non solo possiamo realizzare testi più accattivanti (senza esagerare), ma possiamo anche rendere più efficiente la fase di aggancio del cliente.

Seppelliti i social cosa ci rimane?

Mi rifaccio a questo articolo: Confessioni sui social di un marketer disilluso

https://www.forbes.it/sites/it/2018/09/13/confessioni-sui-social-di-un-marketer-disilluso/#4e5910cf3185

che, come di consueto per i più pigri, semplifico in un maleducato e personale riassunto.

Il buon Gianluca Diegoli ripercorre l’esperienza di molte imprese partendo da quando il web è diventato 2.0:

La community … doveva essere il perno delle attività. Le aziende poi dovevano “diventare publisher”, perché content is king. Ma ancora prima, dovevano aprire un blog.

Cosa che anche i consulenti automobilistici “più avanti” hanno fatto. La pubblicazione di notizie e news, da attività quasi giornaliera è diventata “appena ho due minuti” per finire a non essere più fatta.

Poi vennero i social, e la conseguente privatizzazione della conversazione: le aziende spostarono l’attenzione dai morenti blog aziendali e dalle languenti community alle pagine Facebook, in cui era più facile entrare in contatto con il consumatore connesso. Fu bellissimo illudersi di avere dei fan

Ancora oggi, molti consulenti non hanno neppure una pagina, utilizzano ancora un profilo personale.

Quelli che hanno la pagina dell’agenzia purtroppo possono contare numerosi colleghi-fan ma pochissimi clienti-fan 🙁

Le conversazioni delle community proprietarie si sono presto inaridite, e solo una su mille è risultata (Kpi alla mano) davvero utile al business … In tutti gli altri casi sono stati i venditori di setacci – e non i cercatori d’oro – a guadagnare: agenzie social e fornitori di piattaforme milionarie, su tutti.

E qui stendo un velo pietoso sull’attività Facebook di Sermetra. Certamente non sono state le agenzie socie a guadagnarci, ma purtroppo neppure la nostra società 🙁

Il contenuto sarà anche re, si diceva, ma il re è nudo: il branded content … è affogato in un mare di contenuti in cui nemmeno i publisher professionisti sembrano davvero aver capito come galleggiare. L’offerta di contenuti (mediocri) ha da tempo superato la domanda.


Il dramma della presenza aziendale su Facebook, a sua volta, coincide con il crollo del reach organico (dovuto a maggiori contenuti e alla concorrenza dei contenuti personali). La verità è che ci sono pochissimi brand che le persone desiderano davvero nel loro feed, nello spazio riservato agli “amici”.

E qui probabilmente una domanda dobbiamo farcela… è ancora pensabile produrre contenuti in-house senza avere personale specificatamente formato per questo? Io credo di no.

D’altra parte, le aziende non sembrano in buona sostanza aver poi sofferto troppo della mancanza di “conversazione”: hanno continuato a vendere semplicemente prodotti facendo pubblicità (magari diversa, più “umana”). Le persone hanno continuato a scegliere — in modo molto più informato — il prodotto con un rapporto qualità/prezzo sufficiente. Cosa dobbiamo farci, ora, con tutti quei canali social?

In questi ragionamenti, un po’ estremi ma certamente condivisibili, possiamo aggiungere anche la moda delle app.

Il Play Store contiene milioni di app anche se, mediamente, in Italia se ne utilizzano 9 (e usiamo tutti le stesse).

Ciononostante le imprese continuano giornalmente a pagare sviluppatori in grado di realizzare un app, uguale a centinaia di altre, ma con il proprio brand. E qui purtroppo stendiamo un altro velo pietoso sull’app MySermetra.

Ma torniamo alla domanda nel titolo del post, quindi se abbandoniamo anche i social cosa ci rimane?

Io credo che ci sono alcuni cavalli da battaglia da seguire, non nuovi, ma proprio per questo che ci danno maggiori garanzie:

1) I contenuti utili

Con quelli di intrattenimento non saremo più in grado di emergere, ma ci sono domande alle quali solo noi sappiamo rispondere. Vedi: https://www.easysta.it/i-video-istruttivi-fanno-bene-alla-brand-identity/

2) La ricerca di Google (e degli altri)

La ricerca organica e a pagamento risponde alla nostra prima e più importante esigenza: Portare nuovi clienti in agenzia proprio nel momento in cui hanno bisogno di noi. Vedi: https://www.easysta.it/s-adwords/

3) I dispositivi mobili

Insieme a tutto l’intrattenimento (vedi DAZN) anche tutte le altre attività si sposteranno progressivamente sull’unico dispositivo personale che può mostrarci un tasto per comprare, confermare, firmare ecc.

4) Le chat per conversare con i clienti-fan

Ma solo quelle che i clienti già hanno sul proprio smartphone, e in Italia non c’è scelta. Vedi: https://www.easysta.it/whatsapp-business-per-lagenzia-di-pratiche-auto/

Grazie dell’attenzione.

Roberto Pedrocchi

Easy può convincerti

La mente di Easy

Riprendo i concetti espressi nel post “Dobbiamo dirlo noi!”
https://www.easysta.it/dobbiamo-dirlo-noi/

e porto un esempio di applicazione del

Principio del tunnel
Usare la tecnologia informatica per guidare gli utenti in un procedimento o in un’esperienza offre la possibilità di persuadere lungo il cammino.

Può una chat influire sulle scelte delle persone?
C’è un solo modo per scoprirlo, parla con Easy e raccontami se ti ha convinto!
(La trovi nel menu)

L’innovazione è un processo continuativo

In questi giorni stavo leggendo un libro sull’introduzione delle innovazioni scardinanti (oggi si direbbe disruptive):
https://www.amazon.it/dilemma-dellinnovatore-soluzione-mantenere-innovativi/dp/8845301001

Oltre al principio sacrosanto di cercare l’innovazione scardinante “quando ancora non ti serve”: Se il tuo businness oggi è in crescita (purtroppo) non sarà per sempre così; introduce un altro principio che io trovo assolutamente condivisibile:

“La ricerca dell’innovazione scardinante non può essere una-tantum ma deve essere un processo continuativo”.

Il libro suggerisce di creare team snelli ed eterogenei per quanto riguarda le competenze (informatici, legali, artisti, sognatori, ecc.) e metterli in condizione di fare queste 2 cose:

  • Raccogliere idee scardinanti dai dipendenti/clienti/collaboratori dell’impresa (per noi anche soci)
  • Proporre idee scardinanti al CDA a getto continuo

Poi il CDA dovrebbe affidare la/le idee più promettenti alle persone giuste per provare a rendere redditizia questa innovazione.

Anche le iniziative meglio riuscite possono rivelarsi un buco nell’acqua se mancano del principio della “continuità”.
Non possiamo pensare che le innovazioni che abbiamo individuato siano di sicuro successo e non possiamo metterci alla ricerca di nuove innovazioni solo quando ne sentiremo l’esigenza.

Anche FS ritiene strategico sviluppare sistemi che possano convogliare le idee dei dipendenti:
https://www.economyup.it/trasporti/ferrovie-dello-stato-5-modi-in-cui-un-big-della-mobilita-gestisce-linnovazione/?wx_member=586a542c0cf25733f20874a2&wx_email=0a5fc3ad-f8c0-486d-a19b-d4648e853e62&wx_newsletter=d9642ede-c25c-40eb-96cf-5689d5e4114c&utm_medium=email&utm_source=Econonomyup_NL_20171015&utm_campaign=Econonomyup_NL_20171015

“Proprio all’interno dell’iniziativa Innovation Governance la Direzione Innovazione e Sistemi Informativi, insieme alla Direzione Risorse Umane, ha lanciato un progetto di Knowledge Management, che consiste nella raccolta, attraverso una piazza virtuale, di tutte le idee, progetti e novità dai dipendenti del Gruppo.”

In pratica, secondo me, bisognerebbe:

  • Scegliere 3-4 persone all’interno della struttura (nel senso che ricevono già uno stipendio)
  • Ufficializzare il loro ruolo agli occhi dei dipendenti (devono sapere a chi inoltrare le loro idee)
  • Prevedere degli incontri (anche on-line) dove queste idee vengono riversate al CDA
  • Prevedere un piccolo budget per la partecipazioni ad eventi reali o sul web (premi, competizioni di start-up, webinary, acquisto testi, ecc.)

E tu sei pronto a presentarci la tua idea scardinante?

Omnicanale che?

Cominciamo da una definizione:
Il cliente ingaggia il brand utilizzando più e diverse modalità.

Nel nostro caso (agenzie/autoscuole) potrebbe venire incuriosito dallo spot radiofonico o da un banner su Autoscout. Poi potrebbe trovarci attraverso una ricerca su Google con parole specifiche oppure potrebbe cercare il nome del brand. Infine potrebbe chiamare direttamente l’agenzia attraverso il numero che ha visto sul giornale di quartiere.

Omnicanalità significa unificare tutti questi punti di contatto al fine di ricostruire un’immagine unica, veritiera e realistica del cliente.

L’ Osservatorio Omnichannel Customer Experience della School of Management del Politecnico di Milano ha voluto capire quanto le imprese abbiano compreso e applicato questo approccio al cliente:
https://www.zerounoweb.it/mobility/omnicanalita-tecnologie-e-processi-per-assicurare-continuita-al-rapporto-impresa-cliente/

A me preme però evidenziare un aspetto della questione. Nel post si può leggere:

“È arrivato il momento in cui l’azienda, proprio per assicurare un’esperienza fluida tra i canali di contatto, deve abbattere i silos interni e condividere i dati”.

E ancora:

“Raccogliere tutti i dati presenti in azienda (provenienti dall’ERP, dal CRM da tutti i sistemi IT) e unirli a quelli che arrivano dai negozi (dai sistemi di cassa per esempio), dalle mobile app, dai partner di filiera: insomma, mettere a fattor comune tutte le possibili informazioni strutturate o destrutturate e farle dialogare tra loro è il primo, fondamentale, aspetto su cui si deve basare un approccio omnicanale.”

Bene, ma noi (Sermetrini) non siamo un’azienda!
Vero, ma nulla ci vieta di comportarci come un’unica azienda.

Io credo che sia necessario prendere coscienza che nessuna agenzia/autoscuola può ragionevolmente pensare, da sola, di mettere a leva le moderne tecnologie di engagement sia per la mancanza di personale specificatamente formato sia per gli elevati costi da affrontare.

Al contrario, un progetto unico e condiviso, che sia in grado di creare valore vero e misurabile per noi soci, può permetterci di realizzare soluzioni performanti in grado di farci primeggiare su chiunque altro (ACI compreso).

Sullo stesso argomento, qualche tempo fa, postavo “George e la mutualità”:
https://www.easysta.it/george-e-la-mutualita/

“Mutualità e condivisione” sono parole ancora dannatamente attuali.

 

S-AdWords


Google AdWords si vanta di permette alle imprese di tutte le dimensioni, comprese le microimprese (come le nostre), di raggiungere potenzialmente qualsiasi cliente.
Il funzionamento, lato cliente, è molto semplice e tutti l’hanno visto in funzione: Faccio una ricerca su Google e compaiono, oltre ai risultati organici anche quelli a pagamento.

Cerchiamo però di entrare più in profondità per quel che riguarda il lato impresa.

Se il mio messaggio è: “Vieni nella mia agenzia perché sono il più bravo” difficilmente qualcuno perderà tempo per verificare se è vero.
Il messaggio deve essere utile al nostro ricercatore: “Come si compila l’atto di vendita di un auto?”. Ecco qui certamente avremo qualche click.

A questo punto però devo realizzare una risorsa che risponda alla domanda e oggi il formato più in voga è il video.

Il cliente arriva sul sito e ho l’occasione per convincerlo che sono il più bravo e gli chiedo di comunicarmi la sua Email o il numero di cellulare.
Quanti mi daranno i propri dati? Pochi o nessuno, ancora non basta.

Devo convincerlo che può ricevere un’altra risorsa molto utile in cambio dei suoi dati (Le 10 cose che devi assolutamente sapere prima di comprare un auto?).
A questo punto ottengo l’indirizzo Email e posso spiegargli in dettaglio il mio servizio e magari gli mando anche uno sconto valido solo per lui.

Peccato però che il venditore sia stato convinto dal cugino che l‘agenzia ACI, della città vicina, sia molto più economica e che la segretaria è molto più carina. Andranno li.

Ricapitolando, abbiamo speso soldi per:

  • Google AdWords
  • La landing-page del primo contenuto
  • La realizzazione del video su come si compila un atto di vendita
  • La realizzazione del secondo contenuto
  • Gli strumenti di registrazione del lead e di invio del contenuto (marketing automation)

E nonostante abbia fatto tutto bene ci sono altri fattori che non posso controllare (la distanza, le amicizie, le convinzioni errate…).

Quindi dobbiamo lasciare perdere?
No, però dobbiamo rendere molto più efficiente tutto l’ambaradan.

E’ necessario che il costo di realizzazione dei contenuti sia unico per tutte le agenzie (Sermetra?).
Anche il motore di raccolta e analisi dei lead dovrebbe essere unico e le agenzie dovrebbero essere chiamate a pagare esclusivamente le conversioni (i clienti che sono effettivamente giunti in agenzia).

Naturalmente il costo per l’agenzia dovrebbe essere proporzionale all’entità dei ricavi previsti per quel servizio. I servizi a margine zero dovrebbero essere spinti solo da una buona attività di SEO.

Il piano editoriale è morto?

?

Mi rifaccio al post-podcast di Gianluca Diegoli:
https://www.minimarketing.it/2017/10/il-piano-editoriale-e-quasi-morto.html

Gianluca, non si capisce quanto provocatoriamente, scrive o meglio parla della morte del piano editoriale organizzato.
Dico organizzato per intendere tutte quelle realtà dove ci sono una o più persone pagate per creare e postare contenuti su Facebook (ma anche sugli altri social), non quelli che postano contenuti nella pagina della propria agenzia quando hanno due minuti di cazzeggio.

Secondo Gianluca sono soldi (stipendi) sprecati in quanto la visione di questi post, senza un’adeguata sponsorizzazione (senza pagare Facebook) è ormai infinitesimale.

In sostanza, anche i contenuti di qualità, si perdono come gocce d’acqua nella marea di contenuti pubblicati a getto continuo.

Quindi cosa bisogna fare? Abbandoniamo Facebook?
Non esattamente, restiamo su facebook ma i contenuti vanno pensati e costruiti come completamento dell’esperienza degli utenti. Si proprio utenti perché in questo momento non sono ancora clienti e non dobbiamo pensare a loro come tali.

La sequenza corretta:

  1. Creare un contenuto veramente utile per il nostro utente
  2. Sponsorizzare il contenuto
  3. Agganciare il nostro utente
  4. Fornire uno o più contenuti costruiti in funzione delle sue necessità
  5. Fornire il contenuto giusto per trasformarlo in cliente

E’ la strategia giusta anche per le nostre attività?
Probabilmente si anche perché non possiamo certo dire che disponiamo di contenuti wauuuu, ma possiamo impegnarci per contenuti di aiuto ed educativi (ma non barbosi! 😉

Social storyBike

Come mi è d’uso, senza entrare nei dettagli, voglio mostrarvi un possibile scenario.

Mario ha acquistato una moto d’epoca, ha 35 anni sulle spalle, ma sembra uscita ieri dalla fabbrica.
Mario è riuscito a trovare un articolo che racconta la storia di quel modello, chi l’ha progettata, dove è stata costruita e in quanti esemplari; i punti di forza e i difetti.

E’ incredibile pensare che sono passati 35 anni e questa moto è ancora qui!
Cosa avrà fatto in tutti questi anni? Quanti luoghi avrà visto? Quante famiglie avrà scarrozzato e dove vivevano?
Chi ne seguiva la manutenzione, chi ha provveduto al restauro?

Mario si rende conto che non conosce nulla di questi 35 anni, eppure se questa moto è ancora qui, significa che molte persone, luoghi e storie si sono intrecciate con questa moto.
Magari è stata in India! Magari era la moto di Vasco Rossi!

Meno male che è venuto a conoscenza di un social network (nuovo di zecca) nel quale puoi inserire targa e telaio e sapere se la storia di altre persone si è intrecciata con questa moto.

Effettua la registrazione e con sua sorpresa scopre che, al contrario di facebook, non ci sono foto di persone, qui la faccia è solo delle moto. Anche il suo profilo resta assolutamente anonimo.

Inserisce targa e telaio del veicolo e il sistema gli propone di utilizzare la foto presente sul Registro Storico FMI (come avranno fatto?).

Il sistema purtroppo lo informa che nessun profilo ha cercato/inserito questi dati ma che esistono moto come la sua che hanno storie interessanti da mostrare.
Mario decide di proseguire.

Ha scoperto che una moto come la sua è stata la protagonista di una gara in salita avvenuta sulle colline piacentine. Non aveva idea che si potesse correre (e vincere) con 12,5 CV!

Mentre legge storie di moto (non smetterebbe mai!) il sistema gli suggerisce di ricercare le moto della sua giovinezza.
Mario non ci pensa 2 volte e inserisce i numeri di targa delle sue moto (4 moto, non male) e 1 ricerca va a segno!

Incredibile, è perfettamente uguale al giorno in cui l’ho venduta! Ed è ancora in strada!
Il sistema gli suggerisce di collegarsi a questa moto e di caricare storie, viaggi ed esperienze, fatte con lei.
Il giorno dopo Mario carica le foto del suo viaggio di nozze in Grecia, proprio con quella moto!

Luigi (l’attuale proprietario) riceve una Email che lo informa che un utente ha collegato la sua moto e ha caricato delle foto.
Il profilo di quella moto ha cominciato ad espandersi con una sequenza temporale, la storia della moto prende vita.
Luigi non conosce i dati di Mario ma scopre che può chattare con lui e scambiarsi opinioni e ricordi. Rimane sorpreso quando Mario si offre di ricomprargli la moto (per Mario vale di più di qualsiasi altra moto).

Nei giorni successivi Mario continua a frequentare il social per leggere i profili più interessanti, ci sono moto che hanno fatto la storia d’Italia!

Finchè un giorno anche Mario riceve una Emal, la sua nuova moto d’epoca ha un nuovo collegamento!
Scopre che il figlio di un anziano motociclista ha pubblicato una foto dell’ 84′ e ha riportato la storia che gli è stata raccontata dal padre.

Mario è entusiasta! Quei 35 anni stanno prendendo vita, è solo questione di tempo affinché la sua moto possa svelare tutte le avventure passate.
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Torniamo a noi,

l’idea è quella di costruire questo social network incentrato sulla storia delle singole moto.

Quali caratteristiche?
La moto è la protagonista.
L’utenza è anonima.
Gli utenti possono creare un collegamento a una moto.
Gli utenti possono conversare con chi ha gli stessi collegamenti.
I collegamenti generano una sequenza temporale.
Le sequenze temporali contengono delle foto e delle storie.
Il social ha un proprio Moto Club affiliato alla FMI.

Come si finanzia?
Pubblicità di case costruttrici, ricambi e accessori, annunci compro/vendo, agenzie viaggi.

Vantaggi?
C’è solo una cosa che vale di più di una moto d’epoca iscritta al R.S. FMI, una moto d’epoca iscritta al R.S. FMI con una storia.
Per ottenere collegamenti alla tua moto devi rimanere registrato.
Nessuno ti offrirà più soldi di un vecchio proprietario della tua moto.

Difficoltà?
Il social deve essere avviato con un minimo di contenuti (storie) che possano intrattenere gli utenti registrati fino all’arrivo dei primi collegamenti.
La fase di start-up deve essere esplosiva altrimenti subirebbe la concorrenza di strutture più dotate di noi per realizzarla (in primis FMI, ma anche ACI).

Possibili evoluzioni?
Lo stesso schema può essere applicato alle auto d’epoca.
Può diventare un social internazionale.