La ricerca delle innovazioni scardinanti deve essere un processo continuativo

In questi giorni Sermetra holding ha presentato il piano industriale per i prossimi 3 anni.

Le proposte innovative e di valore che sono state annunciate, mi hanno ricordato questo mio vecchio cruccio: L’innovazione è un processo continuativo.

L’idea è stata liberamente ispirata da un libro sull’introduzione delle innovazioni scardinanti (oggi si direbbe disruptive):
https://www.amazon.it/dilemma-dellinnovatore-soluzione-mantenere-innovativi/dp/8845301001

Oltre al principio sacrosanto di cercare l’innovazione scardinante “quando ancora non ti serve”: Se il tuo businness oggi è in crescita (purtroppo) non sarà per sempre così;
introduce un’altro principio che io trovo assolutamente condivisibile: “La ricerca dell’innovazione scardinante non può essere una-tantum ma deve essere un processo continuativo”.

Il libro suggerisce di creare team snelli ed eterogenei per quanto riguarda le competenze (informatici, legali, artisti, sognatori, ecc.) e metterli in condizione di fare queste 2 cose:

  • Raccogliere idee scardinanti dai dipendenti/clienti/collaboratori dell’impresa
  • Proporre idee scardinanti al CDA a getto continuo

Poi il CDA dovrebbe affidare la/le idee più promettenti alle persone giuste per provare a rendere redditizia questa innovazione.

In passato ho avuto l’opportunità di partecipare in prima persona a uno di questi gruppi, ma poi è mancato il principio della “continuità”.

Non possiamo pensare che le innovazioni che abbiamo selezionato siano di sicuro successo e non possiamo metterci alla ricerca di nuove innovazioni solo quando ne sentiremo l’esigenza.

In pratica, secondo me è necessario:

  • Scegliere 3-4 persone all’interno della struttura (nel senso che ricevono già uno stipendio)
  • Ufficializzare il loro ruolo agli occhi dei dipendenti (devono sapere a chi inoltrare le loro idee)
  • Prevedere degli incontri (anche on-line) dove queste idee vengono riversate al CDA
  • Prevedere un piccolo budget per la partecipazioni ad eventi reali o sul web (competizioni di start-up, webinary, acquisto testi, ecc.)

Questo è quanto.

Il fascicolo digitale di ACI è vera rivoluzione?

Dopo aver letto l’articolo pubblicato su Ansa on-line:

http://www.ansa.it/canale_motori/notizie/componentie_tech/2019/03/04/acistop-a-truffe-del-contachilometri-con-fascicolo-digitale_e901f65c-194f-4e48-bc46-e69bd24185b6.html

Mi sono chiesto se il fascicolo digitale annunciato da ACI rappresenta una vera rivoluzione oppure se sono solo “effetti speciali”.

Vediamo quindi di entrare più in profondità nelle utilità elencate:

Truffe sui contachilometri

Il Ministero dei Trasporti, con l’introduzione dell’obbligo di riportare il numero di chilometri percorsi sul tagliando della revisione, ha già attenuato di molto il problema.

La procedura è semplice ed efficace; un soggetto terzo (il tecnico della revisione) legge e annota i km percorsi alla data della revisione. Da quel giorno, nessuna manomissione sul contachilometri, lo potrebbe riportare ad un valore inferiore a quello annotato.

Ricambi falsi

Qui non si capisce chi dovrebbe certificare cosa.

L’autofficina che effettua un intervento sul veicolo, utilizzando ricambi non originali, non credo proprio che avrebbe l’interesse di certificare questa circostanza.

Mentre il produttore dei ricambi non può sapere su quale veicolo verranno utilizzati.

Probabilmente ACI immagina una tracciatura di tutta la filiera, dal produttore del ricambio al veicolo sul quale viene montato. Al contrario di quanto avviene nell’ambito alimentare, non penso che la complessità e i costi di tale tracciatura siano giustificati.

Attestare gli interventi di manutenzione effettuati

In realtà non si capisce neppure perché un’autofficina dovrebbe perdere tempo per trasmettere i dati sul fascicolo digitale. La fattura degli interventi effettuati, ora pure in formato elettronico, assolve efficacemente a questa necessità.

Dovrebbe essere direttamente il proprietario a caricare la fattura nel fascicolo digitale, ma quale vantaggio reale avrebbe?

In generale c’è da dire che l’ACI, come del resto le banche che stanno sperimentando questa tecnologia, non hanno compreso fino in fondo l’utilità della blockchain.

Sfruttano la caratteristica immutabilità del dato ma tralasciano completamente quella di poter poggiare su una rete distribuita, quindi senza concentratori/regolatori (come lo sono ACI e le banche).

Satoshi Nakamoto, se esiste veramente (https://it.wikipedia.org/wiki/Satoshi_Nakamoto), da questo punto di vista, avrebbe certamente qualcosa da ridire.

In realtà l’unica vera utilità della tecnologia blockchain è il superamento dell’archivio PRA sostituito da un archivio distribuito dove verranno registrati i contratti di compravendita.

Al contrario resta invariata l’utilità certificativa del Ministero dei Trasporti che si limiterebbe a ristampare la Carta di circolazione senza entrare nel merito dei negozi intercorsi tra le parti.

Vedi a tal fine “Smart Contracts al posto degli atti di vendita?”

La blockchain protagonista anche della politica associativa

Sabato scorso, in occasione del Consiglio nazionale UNASCA, Yvonne Guarniero, nel suo intervento, ha parlato anche di blockchain e delle possibili implicazioni sulla nostra categoria.

Anche in questa occasione, la Segreteria nazionale, ha confermato la volontà di non subire passivamente le novità, ma al contrario, di anticiparne lo studio delle possibili implicazioni sulle nostre attività.

Per quanto ci riguarda, l’applicazione di questa tecnologia, che più dovrebbe interessarci, è quella che permette la creazione di smart contract.

Visto che in passato avevo già affrontato questo argomento, approfitto del momento per riproporre alcuni contenuti

1 Un video che spiega come funziona uno smart contract.

Interessante il fatto che la tecnologia elimina il soggetto centrale (quello che forniva garanzie all’evento), mentre resta sempre necessaria la figura di un intermediario che predispone il contratto costruendolo sulle necessità delle parti.

2 Smart Contracts al posto degli atti di vendita?

Lo scenario nel quale uno smart-contract esegue una serie di attività, senza l’intervento dell’uomo.

Una possibile sperimentazione è immediatamente applicabile ai ciclomotori (per i quali non necessità un atto di vendita) oppure al nuovo fenomeno delle biciclette elettriche.

3 Serchain, la casa virtuale dei veicoli

Una piattaforma dove i dati non sarebbero mantenuti in un database centrale ma sarebbero “distribuiti” nella blockchain restando di proprietà di chi li ha inseriti.

Grazie dell’attenzione

Seppelliti i social cosa ci rimane?

Mi rifaccio a questo articolo: Confessioni sui social di un marketer disilluso

https://www.forbes.it/sites/it/2018/09/13/confessioni-sui-social-di-un-marketer-disilluso/#4e5910cf3185

che, come di consueto per i più pigri, semplifico in un maleducato e personale riassunto.

Il buon Gianluca Diegoli ripercorre l’esperienza di molte imprese partendo da quando il web è diventato 2.0:

La community … doveva essere il perno delle attività. Le aziende poi dovevano “diventare publisher”, perché content is king. Ma ancora prima, dovevano aprire un blog.

Cosa che anche i consulenti automobilistici “più avanti” hanno fatto. La pubblicazione di notizie e news, da attività quasi giornaliera è diventata “appena ho due minuti” per finire a non essere più fatta.

Poi vennero i social, e la conseguente privatizzazione della conversazione: le aziende spostarono l’attenzione dai morenti blog aziendali e dalle languenti community alle pagine Facebook, in cui era più facile entrare in contatto con il consumatore connesso. Fu bellissimo illudersi di avere dei fan

Ancora oggi, molti consulenti non hanno neppure una pagina, utilizzano ancora un profilo personale.

Quelli che hanno la pagina dell’agenzia purtroppo possono contare numerosi colleghi-fan ma pochissimi clienti-fan 🙁

Le conversazioni delle community proprietarie si sono presto inaridite, e solo una su mille è risultata (Kpi alla mano) davvero utile al business … In tutti gli altri casi sono stati i venditori di setacci – e non i cercatori d’oro – a guadagnare: agenzie social e fornitori di piattaforme milionarie, su tutti.

E qui stendo un velo pietoso sull’attività Facebook di Sermetra. Certamente non sono state le agenzie socie a guadagnarci, ma purtroppo neppure la nostra società 🙁

Il contenuto sarà anche re, si diceva, ma il re è nudo: il branded content … è affogato in un mare di contenuti in cui nemmeno i publisher professionisti sembrano davvero aver capito come galleggiare. L’offerta di contenuti (mediocri) ha da tempo superato la domanda.


Il dramma della presenza aziendale su Facebook, a sua volta, coincide con il crollo del reach organico (dovuto a maggiori contenuti e alla concorrenza dei contenuti personali). La verità è che ci sono pochissimi brand che le persone desiderano davvero nel loro feed, nello spazio riservato agli “amici”.

E qui probabilmente una domanda dobbiamo farcela… è ancora pensabile produrre contenuti in-house senza avere personale specificatamente formato per questo? Io credo di no.

D’altra parte, le aziende non sembrano in buona sostanza aver poi sofferto troppo della mancanza di “conversazione”: hanno continuato a vendere semplicemente prodotti facendo pubblicità (magari diversa, più “umana”). Le persone hanno continuato a scegliere — in modo molto più informato — il prodotto con un rapporto qualità/prezzo sufficiente. Cosa dobbiamo farci, ora, con tutti quei canali social?

In questi ragionamenti, un po’ estremi ma certamente condivisibili, possiamo aggiungere anche la moda delle app.

Il Play Store contiene milioni di app anche se, mediamente, in Italia se ne utilizzano 9 (e usiamo tutti le stesse).

Ciononostante le imprese continuano giornalmente a pagare sviluppatori in grado di realizzare un app, uguale a centinaia di altre, ma con il proprio brand. E qui purtroppo stendiamo un altro velo pietoso sull’app MySermetra.

Ma torniamo alla domanda nel titolo del post, quindi se abbandoniamo anche i social cosa ci rimane?

Io credo che ci sono alcuni cavalli da battaglia da seguire, non nuovi, ma proprio per questo che ci danno maggiori garanzie:

1) I contenuti utili

Con quelli di intrattenimento non saremo più in grado di emergere, ma ci sono domande alle quali solo noi sappiamo rispondere. Vedi: https://www.easysta.it/i-video-istruttivi-fanno-bene-alla-brand-identity/

2) La ricerca di Google (e degli altri)

La ricerca organica e a pagamento risponde alla nostra prima e più importante esigenza: Portare nuovi clienti in agenzia proprio nel momento in cui hanno bisogno di noi. Vedi: https://www.easysta.it/s-adwords/

3) I dispositivi mobili

Insieme a tutto l’intrattenimento (vedi DAZN) anche tutte le altre attività si sposteranno progressivamente sull’unico dispositivo personale che può mostrarci un tasto per comprare, confermare, firmare ecc.

4) Le chat per conversare con i clienti-fan

Ma solo quelle che i clienti già hanno sul proprio smartphone, e in Italia non c’è scelta. Vedi: https://www.easysta.it/whatsapp-business-per-lagenzia-di-pratiche-auto/

Grazie dell’attenzione.

Roberto Pedrocchi

Easy può convincerti

La mente di Easy

Riprendo i concetti espressi nel post “Dobbiamo dirlo noi!”
https://www.easysta.it/dobbiamo-dirlo-noi/

e porto un esempio di applicazione del

Principio del tunnel
Usare la tecnologia informatica per guidare gli utenti in un procedimento o in un’esperienza offre la possibilità di persuadere lungo il cammino.

Può una chat influire sulle scelte delle persone?
C’è un solo modo per scoprirlo, parla con Easy e raccontami se ti ha convinto!
(La trovi nel menu)

Serchain, la casa virtuale dei veicoli

Chain

Mi rifaccio a questo articolo:
https://www.economyup.it/blog/la-sharing-economy-ha-fallito-la-blockchain-puo-salvarla/
per rappresentarvi, come di consueto un possibile scenario.

Ma iniziamo con un maleducato taglio del testo per evidenziare gli aspetti che più ci interessano.

Marco Ottolini immagina una piattaforma distribuita dove i possessori di appartamenti possono pubblicare il proprio annuncio di affitto/vendita.

Per esempio, potrebbe presto esistere una nuova entità, probabilmente sostenuta al lancio da una ICO, che metta a disposizione un sistema, basato su Blockchain, del tutto analogo, in termini di funzionalità, ad AirBnb. Chi volesse affittare la propria casa dovrebbe registrarsi e poi inserire i dati dell’alloggio e le foto. Per semplicità diciamo che sarebbero generati due Smart Contract nella Blockchain, uno relativo alla persona e l’altro all’alloggio, in relazione tra di loro. La prima differenza è che i dati non sarebbero mantenuti in un database centrale ma sarebbero “distribuiti” nella Blockchain e sarebbero di proprietà di chi li ha inseriti.

Quando un utente deciderà di affittare l’appartamento non dovrà far altro che prenotare inviando i soldi allo Smart Contract che rappresenta l’alloggio. Questo modificherà il suo stato e impedirà che altri possano prenotare per lo stesso periodo.

Vengono affrontati quindi i vantaggi di questa piattaforma (dApp):

I vantaggi, oltre che in termini di costi e di proprietà dei dati, si hanno dal disaccoppiamento tra chi distribuisce e chi eroga il servizio. Tornando all’esempio di AirBnb, in questo momento se un proprietario vuole distribuire il proprio appartamento su più piattaforme deve registrarsi più volte, copiare più volte descrizioni e foto e soprattutto gestire eventuali doppie prenotazioni. Ipotizzando invece di impiegare una dApp (app decentralizzata, che per funzionare non hanno necessità di un soggetto che le amministri e le gestisca), il proprietario farebbe un’unica registrazione e sarebbero poi AirBnb, Tripadvisor e gli altri ad accedere ai suoi dati, impedendo intrinsecamente doppie prenotazioni.

Arriviamo quindi al nostro scenario e sostituiamo l’appartamento con un veicolo.

Mario vuole vendere la sua auto, sa bene che l’80% delle persone, cercano e trovano il loro veicolo ideale attraverso le varie piattaforme di vendita (Autoscout, Subito.it, ecc.).
Potrebbe registrare il suo annuncio su tutte le piattaforme oppure potrebbe utilizzare una dApp gratuita messa a disposizione da Serchain.

Mario ha capito che, con questa dApp, avrà sempre il pieno controllo dei dati, suoi e del veicolo, ma che potrà, in ogni momento sospendere o riattivare l’annuncio.

Ha anche scoperto che il proprio meccanico è in grado di applicare, al suo veicolo virtuale, tutte le certificazioni dei controlli effettuati, compresi gli interventi di manutenzione programmata.

Anche la sua agenzia Sportello Telematico dell’Automobilista è in grado di certificare l’effettiva normativa EURO del suo veicolo e una volta trovato l’acquirente potrà creare uno smart contract (atto di vendita), valido a tutti gli effetti.

Quindi chi svilupperà questa piattaforma avrà un reale vantaggio?
Se vogliamo credere che “il dato” perderà gradualmente la sua capacità di generare valore in quanto tornerà nel pieno controllo del proprietario, l’unico modo per guadagnare sarà attraverso il controllo della piattaforma che veicola questi dati.
O almeno bisogna essere tra i primi a sperimentare per comprenderne le reali potenzialità.

E secondo te quanto sarà importante sviluppare, per primi, questa piattaforma?

Migrazione del gestionale: 3 errori da evitare per non trasformarlo in un disastro

Dal primo PC entrato nella mia agenzia (Olivetti M44) mi sono sempre occupato io della migrazione da un gestionale all’altro.
Da mia esperienza è una delle attività più impattanti nella tranquilla routine 😉 di un’agenzia e quella che si tende maggiormente a procrastinare.

Ma come tutte le cose, prima o poi vanno affrontate (e sconfitte), ma non prima di aver letto i 3 errori da evitare.

Primo errore: Utilizzare l’Olivetti M44
Ogni nuovo software viene sviluppato (scritto e testato) su PC moderni.
Non credete ai requisiti tecnici minimi, se volete risparmiarvi un disastro, insieme al vecchio software, abbandonate anche il vecchio PC.

Secondo errore: Installare il nuovo software e… e basta
La maggior parte delle software house ci permettono di installare il nuovo software per un periodo di prova gratuito (normalmente 30gg).
Quello che non devete fare è lasciarlo inutilizzato sul vostro PC. Purtroppo questo periodo di inattività non gli servirà per acclimatarsi ne tanto meno per imparare a lavorare da solo!
Stressate la software house affinché vi conceda un periodo di prova consistente, ma sfruttatelo adeguatamente!

Terzo errore: Prenotare la migrazione insieme al veglione di capodanno
Il mese di gennaio sembra essere l’unico mese adatto per cambiare il gestionale (subito dopo la dieta e l’iscrizione in palestra).
“Arriviamo fino a fine anno e poi cominciamo con quello nuovo!” Perché???
Se c’è un periodo dell’anno già ricco di scadenze e impegni è proprio fine anno. Non ha senso metterci un altro carico da novanta.
Scegliete un mese tranquillo dal punto di vista lavorativo, anzi il più tranquillo (mentre per il veglione non avete scelta 😉

Infine un piccolo aiuto musicale da ascoltare a palla per tutti i primi 15gg:

WhatsApp Business per l’agenzia di pratiche auto

WhatsApp Business

Mi rifaccio a questo articolo che annunciava l’arrivo della versione business della celebre e diffusissima app:
https://www.wired.it/mobile/app/2018/01/19/come-funziona-whatsapp-business/

L’aspetto che non è sufficientemente evidenziato è che i clienti potranno mandarvi un messaggio di WhatsApp sul numero fisso dell’agenzia, non è necessario avere una SIM dedicata (quindi con un altro numero).
E allo stesso modo, quando siete voi ad inviare un WA, il cliente vedrà sul profilo il numero dell’agenzia.

Ma vediamo i passaggi per implementare la cosa:

1) Scarica l’app WhatsApp Business da Google Play Store e avviala
Consiglio di utilizzare il cellulare del titolare o comunque di una persona sempre o quasi presente in agenzia (vedremo poi il perché).
Lascia installata l’app WhatsApp “normale” in quanto continuerà a funzionare regolarmente con il numero di telefono (SIM) del cellulare, senza interferire con la nuova app.
Per ora non puoi utilizzato un cellulare della Apple.

2) Quando richiesto inserisci il telefono dell’agenzia (non quello del cellulare sul quale hai installato l’app)
L’app invierà un messaggio SMS per verificare il numero inserito. Lascia pure che provi, dopo 30 secondi sarà possibile scegliere la chiamata come metodo di verifica dell’utente.
Una voce registrata ti chiamerà sul numero dell’agenzia comunicandoti il codice da inserire per proseguire.

3) Clicca in alto a destra sui 3 punti verticali e scegli impostazioni > Impostazioni attività
Qui sarà possibile inserire il nome dell’agenzia (attenzione che non sarà più possibile modificarlo!), l’indirizzo, la categoria e la descrizione dell’attività, gli orari di apertura, indirizzo Email e sito Internet.
E’ possibile inserire anche l’immagine del profilo, ma consiglio di farlo dal web (vedi punto successivo).

4) Attiva WhatsApp Web
Inserisci nel browser del PC l’indirizzo: https://web.whatsapp.com/
Sull’app WA Business clicca in alto a destra sui 3 punti verticali e scegli WhatsApp Web.
Inquadra con il cellulare il codice a barre che visualizzi sul monitor del PC ed entra nell’interfaccia web.
A questo punto (sempre dal PC) puoi cliccare sui tre punti verticali, scegliere la voce Profilo > Inserisci immagine del profilo.
L’interfaccia web è certamente più comoda, in particolare per inviare i messaggi con gli allegati (anche in pdf) presenti sul PC.

5) Inviati da solo il primo messaggio di prova
Utilizzando lo stesso cellulare, attiva l’app di WA (normale) e invia un nuovo messaggio al numero di telefono dell’agenzia. Lo vedrai arrivare sia sull’app di WA Business sia sull’interfaccia web.
Bene hai finito!

Alcune considerazioni per un utilizzo responsabile:
Devi essere sempre certo che il tuo cliente abbia piacere di ricevere un tuo messaggio attraverso WA. Non dare per scontato questa cosa, molte persone considerano WA uno strumento personale/familiare (vedo le foto di mio nipote!).
Un utilizzo professionale potrebbe essere visto come un’intrusione nella propria intimità.

In generale è buona norma utilizzare WA solo dopo che il cliente, per primo, ci ha inviato un messaggio. In questo modo saremo certi che il nostro numero di telefono è presente nella sua rubrica.

Infine ricordati che il nostro cliente, per inviarci un messaggio di WA, deve inserire il numero fisso della nostra agenzia nella sua rubrica del cellulare.

L’innovazione è un processo continuativo

In questi giorni stavo leggendo un libro sull’introduzione delle innovazioni scardinanti (oggi si direbbe disruptive):
https://www.amazon.it/dilemma-dellinnovatore-soluzione-mantenere-innovativi/dp/8845301001

Oltre al principio sacrosanto di cercare l’innovazione scardinante “quando ancora non ti serve”: Se il tuo businness oggi è in crescita (purtroppo) non sarà per sempre così; introduce un altro principio che io trovo assolutamente condivisibile:

“La ricerca dell’innovazione scardinante non può essere una-tantum ma deve essere un processo continuativo”.

Il libro suggerisce di creare team snelli ed eterogenei per quanto riguarda le competenze (informatici, legali, artisti, sognatori, ecc.) e metterli in condizione di fare queste 2 cose:

  • Raccogliere idee scardinanti dai dipendenti/clienti/collaboratori dell’impresa (per noi anche soci)
  • Proporre idee scardinanti al CDA a getto continuo

Poi il CDA dovrebbe affidare la/le idee più promettenti alle persone giuste per provare a rendere redditizia questa innovazione.

Anche le iniziative meglio riuscite possono rivelarsi un buco nell’acqua se mancano del principio della “continuità”.
Non possiamo pensare che le innovazioni che abbiamo individuato siano di sicuro successo e non possiamo metterci alla ricerca di nuove innovazioni solo quando ne sentiremo l’esigenza.

Anche FS ritiene strategico sviluppare sistemi che possano convogliare le idee dei dipendenti:
https://www.economyup.it/trasporti/ferrovie-dello-stato-5-modi-in-cui-un-big-della-mobilita-gestisce-linnovazione/?wx_member=586a542c0cf25733f20874a2&wx_email=0a5fc3ad-f8c0-486d-a19b-d4648e853e62&wx_newsletter=d9642ede-c25c-40eb-96cf-5689d5e4114c&utm_medium=email&utm_source=Econonomyup_NL_20171015&utm_campaign=Econonomyup_NL_20171015

“Proprio all’interno dell’iniziativa Innovation Governance la Direzione Innovazione e Sistemi Informativi, insieme alla Direzione Risorse Umane, ha lanciato un progetto di Knowledge Management, che consiste nella raccolta, attraverso una piazza virtuale, di tutte le idee, progetti e novità dai dipendenti del Gruppo.”

In pratica, secondo me, bisognerebbe:

  • Scegliere 3-4 persone all’interno della struttura (nel senso che ricevono già uno stipendio)
  • Ufficializzare il loro ruolo agli occhi dei dipendenti (devono sapere a chi inoltrare le loro idee)
  • Prevedere degli incontri (anche on-line) dove queste idee vengono riversate al CDA
  • Prevedere un piccolo budget per la partecipazioni ad eventi reali o sul web (premi, competizioni di start-up, webinary, acquisto testi, ecc.)

E tu sei pronto a presentarci la tua idea scardinante?

Omnicanale che?

Cominciamo da una definizione:
Il cliente ingaggia il brand utilizzando più e diverse modalità.

Nel nostro caso (agenzie/autoscuole) potrebbe venire incuriosito dallo spot radiofonico o da un banner su Autoscout. Poi potrebbe trovarci attraverso una ricerca su Google con parole specifiche oppure potrebbe cercare il nome del brand. Infine potrebbe chiamare direttamente l’agenzia attraverso il numero che ha visto sul giornale di quartiere.

Omnicanalità significa unificare tutti questi punti di contatto al fine di ricostruire un’immagine unica, veritiera e realistica del cliente.

L’ Osservatorio Omnichannel Customer Experience della School of Management del Politecnico di Milano ha voluto capire quanto le imprese abbiano compreso e applicato questo approccio al cliente:
https://www.zerounoweb.it/mobility/omnicanalita-tecnologie-e-processi-per-assicurare-continuita-al-rapporto-impresa-cliente/

A me preme però evidenziare un aspetto della questione. Nel post si può leggere:

“È arrivato il momento in cui l’azienda, proprio per assicurare un’esperienza fluida tra i canali di contatto, deve abbattere i silos interni e condividere i dati”.

E ancora:

“Raccogliere tutti i dati presenti in azienda (provenienti dall’ERP, dal CRM da tutti i sistemi IT) e unirli a quelli che arrivano dai negozi (dai sistemi di cassa per esempio), dalle mobile app, dai partner di filiera: insomma, mettere a fattor comune tutte le possibili informazioni strutturate o destrutturate e farle dialogare tra loro è il primo, fondamentale, aspetto su cui si deve basare un approccio omnicanale.”

Bene, ma noi (Sermetrini) non siamo un’azienda!
Vero, ma nulla ci vieta di comportarci come un’unica azienda.

Io credo che sia necessario prendere coscienza che nessuna agenzia/autoscuola può ragionevolmente pensare, da sola, di mettere a leva le moderne tecnologie di engagement sia per la mancanza di personale specificatamente formato sia per gli elevati costi da affrontare.

Al contrario, un progetto unico e condiviso, che sia in grado di creare valore vero e misurabile per noi soci, può permetterci di realizzare soluzioni performanti in grado di farci primeggiare su chiunque altro (ACI compreso).

Sullo stesso argomento, qualche tempo fa, postavo “George e la mutualità”:
https://www.easysta.it/george-e-la-mutualita/

“Mutualità e condivisione” sono parole ancora dannatamente attuali.